lunedì 30 maggio 2011

Se vogliamo che le cose cambino, dobbiamo cambiare le cose

In Sicilia, ed in particolar modo a Caltanissetta, non cambierà mai nulla. Del Gattopardo noi Siciliani abbiamo appreso la lezione più pessimistica ma anche la più comoda, ovvero quel “tutto cambi perché nulla cambi”, dietro il quale noi isolani amiamo nasconderci.
Ma questo ormai lo sappiamo bene, CL non ha futuro, è un posto da cui fuggire, nulla potrà mai cambiare, ed ancora bla bla bla…
Chiarita ed archiviata questa cosa, io credo, dico e spergiuro, che le cose non cambiano da sole.
Quando il Siciliano Doc, esordisce con il suo: “in Sicilia non cambierà mai niente”, lo dice come se lui non abitasse su quest’isola, e come se non fosse parte di quel sistema che tanto denigra.
Il nostro dramma è quello di aspettare sempre che siano gli altri a fare le cose; che qualcuno migliori la Sicilia, che qualcuno si ribelli ai politici mediocri, che qualcuno ci dia o ci trovi il lavoro. Sembra proprio assurdo per i Siciliani il rimboccarsi le maniche per provare a cambiare le cose, anche in questo caso, diranno o si sentiranno dire, che c’è la burocrazia, che il territorio è ostile, che c’è la mafia, etc etc etc… insomma, nel bene e nel male ogni discorso logico porta il Siciliano alla stessa conclusione, cioè che qui non si può fare nulla e che l’unica alternativa è emigrare.
Ma perché al Nord tutto (o quasi) funziona? Ve lo siete mai chiesti? Di sicuro abbiamo mitizzato il “continente” come terrà dove basta arrivare con le valigie di cartone per avere la carriera spianata, ma è anche vero che la sua ricchezza risiede proprio nell’intraprendenza della gente che crea e si crea opportunità.
Secondo voi, tutto quello che tanto ci piace del Nord, cresce spontaneo come i funghi? O è forse che lì la gente ha deciso di prendere in mano la loro vita e farne qualcosa di produttivo?
Finché resteremo a guardare ed a lamentarci nulla potrà mai cambiare, finché saremo diffidenti gli uni con gli altri, non riusciremo mai ad unirci per lavorare allo stesso progetto.
Bisogna credere nella Sicilia e nel suo cambiamento, dobbiamo progettare e metterci in gioco, altrimenti come pretendiamo che le cose cambino se non siamo noi i primi ad investire tempo e cuore?
Quello che più avvilisce dell’essere Nisseni è la continua divisione e frammentazione in realtà piccole che mai potranno farcela da sole, è l’invidia che porta sempre ad attaccare l’operato degli altri qualunque esso sia, è quell’ottusità che porta certi commercianti a mandare dei controlli di polizia alla concorrenza solo perché le cose gli stanno andando bene, senza pensare che più aziende ci sono migliore sarà la salute dell’economia.
Non voglio fare adesso l’elenco delle cose che vanno male a CL, perché finirei anch’io per cadere nella rete della sterile lamentela. Quello che vorrei far capire ai miei concittadini è che “se vogliamo che le cose cambino, dobbiamo cambiare le cose”, altrimenti non usciremo mai dal pantano in cui ci siamo ficcati.
Concedetemi un’ultima frase che forse potrà sembrare una provocazione: visto che ammiriamo tanto il Nord per le sue opportunità, cominciamo a fare quello che loro da anni ci consigliano di fare in tono del tutto onesto e non razzista come potrebbe sembrarci: “Andiamo a lavorare”.
Perché che ci piaccia o no, quello che qui manca è il concetto di imprenditoria, ovvero il credere in un progetto e rischiare per esso come fanno altrove. Le interminabili chiacchierate non servono più, adesso è il tempo dell’azione, bisogna alzarsi ed agire prima che sia troppo tardi per noi, per Caltanissetta e per la Sicilia intera.