mercoledì 18 dicembre 2013

La realtà esiste solo nell'arte

L'opera più famosa del fotografo francese Robert Doisneau, è senza ombra di dubbio il "Bacio davanti l'hotel De Ville".
Per quanto lo scatto sia universalmente conosciuto, solo i meglio informati sanno che si tratta di un falso realizzato con l'aiuto di due giovani modelli. Pur trattandosi di uno scatto costruito, il fotografo ha sempre sostenuto che per lui si tratta di un’immagine vera, perché rappresenta una scena vista realmente dall'artista, ed anche perché, la coppia di modelli, erano anche amanti nella vita reale. Gran parte dell’opera di Doisneau aveva come obiettivo quello di ricreare un mondo ideale, immaginato e desiderato dall’artista. Mondo che poi è diventato agli occhi degli spettatori vero, benché di fatto costruito.
Ma a mio parere, la foto, va considerata vera non tanto per la spiegazione data dall'autore, ma perché ciò che viene rappresentato ed il suo messaggio è reale o è diventato tale. Reale perché ormai è accettato universalmente come simbolo dell'amore. Reale più della realtà stessa.  Sì, perché il mondo che ci circonda, quello dei rapporti umani e degli eventi, altro non è che una farsa di cui mai conosceremo la verità. La verità pura non esiste, abbiamo solo diversi pareri, versioni di parte, fatti ufficiosi che coprono il vero ordine delle cose. Prendete la Storia, ogni evento viene sempre raccontato secondo diversi punti di vista, e ad ogni cambio di narratore cambiano le vicende. Ci sono più "forse" nella Storia che certezze. Ogni giorno ci sentiamo come l'inconsapevole personaggio di "The Truman show", perché qui nulla è quel che sembra. Ogni giorno affrontiamo l’affanno del vivere. Svegliarsi, vestirsi in fretta per correre al lavoro, rispettare le scadenze, lottare contro i mulini a vento, tornare a casa a sera tardi con quell’amaro in bocca di chi ha solo recitato un ruolo che non gli appartiene, e la sensazione che quello che facciamo sia solo un modo per tenerci impegnati fra la nascita e la morte.

Tutto quello che viviamo e quello che ci raccontano è reale? Possiamo dire che la nostra sia una società fondata sulla verità?

Per assurdo però, le uniche certezze, ci arrivano proprio dall'arte, giardino che nasce dalla fantasia dell'uomo ma che diventa reale, tanto quanto, se non più, della stessa realtà. Possiamo dire che la realtà esiste solo nel mondo ricreato dall'arte, questo perché non prevede interpretazioni, ma solo un unico punto di vista. Per esempio, quello che accade in un romanzo, diventa universalmente reale, la storia raccontata potrà essere discussa ma non messa in dubbio, e questa sarà patrimonio di tutti. Certi libri, certe storie, sono ormai nel nostro dna, nella nostra cultura, hanno influenzato la vita di milioni di individui più di molti eventi storici, e questo solo perché un libro racconta una verità pura, non discutibile e quindi modello a cui ancorarsi. Non a caso, spesso, per legittimare un discorso, si cita un libro, perché su quella certezza nessuno potrà dubitare, anche se la tesi da sostenere vacilla.

Quindi, per assurdo, in una realtà incerta, l'unica certezza si trova nell'arte, dove ciò che accade esiste realmente, e le vicende raccontate diventano gli unici casi sui quali non possiamo dubitare, dalla foto degli amanti di Doisneau fino alla Divina Commedia, ciò che accade in quegli ambiti "così è se vi pare", e non può essere messo in discussione.
Per noi, Dante ha davvero fatto quel lungo viaggio dall’inferno al paradiso, sulla cosa nessuno discute, ed ancora oggi se ne parla e lo si analizza come se questo fosse vero. Sui fatti storici, e sulle vicende quotidiane, siamo invece dubbiosi, l’ipocrisia è il velo con il quale ogni cosa è coperta, e la menzogna sembra la regola generale per tenere in piedi questo mondo.

La realtà esiste solo nell'esercizio dell'arte, il resto, il quotidiano, è un'allucinazione ad occhi aperti, una finzione da vivere con leggerezza, in attesa di rifugiarsi fra le sicure pagine di un buon libro.

Luciano Zaami

martedì 13 agosto 2013

Prendi il tuo tempo...

Prendi il tuo tempo e fanne foglio bianco. 

Spiegalo nella sua interezza e cancella, 
se ancora ci sono, i segni grigi del passato.

Prendi il tuo tempo, come fosse un foglio, 
e piegalo più volte con le tue mani che sanno amare il mondo. 

Piegalo, dicevo, e fanne un aereo, 
che dolcemente lascerai volare nel cielo, 
guidato dal vento della libertà. 


Luciano Zaami

giovedì 25 luglio 2013

Realtà è illusione...

La realtà come noi la vediamo non esiste.

Tutto quello che noi viviamo è solo frutto della nostra interpretazione del mondo che ci circonda.  

Tutto parte da noi, dal nostro punto di vista, dalle nostre esperienze e dal nostro umore.

Il mondo ci appare in base al nostro carattere, alla nostra percezione, al nostro codificare ciò che percepiamo.
Gioia e dolore non esistono in quanto tali, ma solo nella nostra mente. 
Fuori dal nostro corpo resta poco, solo un mondo di "cose" che emanano input e a cui noi diamo valore.

Maggiore sarà il valore che diamo a questa "cosa", maggiore sarà il nostro coinvolgimento, ma tutto parte da noi, ciò che è fuori resta la dov'è, e se entra in noi è solo perché lo permettiamo.

giovedì 16 maggio 2013

Autonomi da chi?

In Sicilia celebriamo la festa dell'Autonomia, ma autonomi da cosa? Per anni i politici non hanno mai attuato lo Statuto nella sua interezza, rendendoci di fatto una regione Italiana e non una realtà indipendente. La Sicilia gode di poteri fortissimi che all'atto pratico non sono mai stati utilizzati. E sapete perché? Perché c'è sempre stato un accordo fra Roma e i politici Isolani, per fare in modo che qui si dovesse dipendere sempre dal "continente".

Ma Autonomi in cosa? Abbiamo revocato il MUOS eppure i lavori continuano e la polizia carica i manifestanti, siamo stati poi truffati con l'articolo 37 (http://goo.gl/Ik5I1) o con lo scippo di 800 milioni di euro da parte del Governo Monti (http://goo.gl/oXEMs).

Del resto siamo una Regione a Statuto speciale dove non esiste una forza politica locale al governo. Per anni i partiti dentro l'ARS sono stati gli stessi di Roma, secondo voi di chi potevano fare gli interessi? Dei Siciliani o della Casta?

lunedì 29 aprile 2013

Ora, se io adesso me ne andassi...


Ora, se io adesso me ne andassi per mare,
prenderei il largo diretto a sud e poi ad est,
e navigherei seguendo il consiglio delle stelle
e le carezze dei venti,
per poi approdare,
non so ancora quando,
in una baia isolata,
dove le acque baciano le scogliere
e dove forse,
lontano da ogni affanno,
potrei dormire sereno,
almeno per una notte,
in questa vita alla deriva.


Luciano Zaami

mercoledì 17 aprile 2013

La più grande invenzione di sempre...


Chiacchierando mi è capitato di imbattersi sulla domanda su “quale fosse la più grande invenzione del secolo”.
C’è chi sostiene internet, chi dice il telefonino (con la sua evoluzione in smartphone), chi parla dell’aereo o del motore a scoppio. Ognuno, come è giusto che sia, ha la sua teoria, ed anche io, che ci crediate o no, ho la mia.
La volete sapere? Tenetevi forte e legatevi alle sedie… secondo il mio modesto parere l’invenzione del secolo è la lampadina!
Si, proprio lei, quel piccolo oggetto che utilizziamo ogni giorno e che al di là della sua luce, non è appariscente come un razzo o multitasking come un computer, eppure credo che più di ogni altro oggetto abbia contribuito a cambiare radicalmente le nostre vite.
Ormai per noi è infatti assodato che l’illuminazione sia presente in ogni nostro momento, eppure fino a cento anni fa (ed ancora oggi in molte parti del pianeta) non era così.
Immaginate come doveva essere il mondo prima della lampadina: i ritmi delle giornate erano molto diversi da quelli di ora, perché direttamente collegati al ciclo del sole. Ci si svegliava all’alba per sfruttare ogni istante di luce, e la sera ci si rinchiudeva a casa subito dopo il tramonto. Anche nelle abitazioni, con le sole candele o lampade a petrolio non doveva essere il massimo del confort. Ma il cambiamento radicale si è avuto nell’utilizzo della città come nuovo luogo da vivere. Se prima infatti al calare del sole ci si rinchiudeva nelle case perché uscire era pericoloso, una volta avuta l’illuminazione pubblica, la città acquistava un nuovo volto. La notte poteva essere vissuta e scoperta come mai prima di allora, anche le giornate diventavano più lunghe, perché ogni cosa aveva un suo proseguo grazie alla lampadina. Avete mai immaginato a come sarebbero le nostre città senza illuminazione pubblica? Tutte le strade immerse nel buio… provate voi a fare un giro per le vie del centro storico senza vedere ad un palmo dal naso.
Usi e costumi sono così cambiati radicalmente, è cambiato all’improvviso la vita di milioni di persone, un lungo corso durato millenni che adesso vedeva in questa piccola e semplice invenzione il totale ribaltamento del vissuto. Pensate anche a quanti lavori si sono creati grazie al nuovo stile di vita, e al poter portare la luce in luoghi fino ad allora immersi dell’oscurità.
Tutto il resto è venuto da sé, l’era dell’elettronica che ha soppiantato la rivoluzione industriale è forse nata proprio da quella luce al tungsteno che ha illuminato il ‘900, nel bene e nel male, portandoci fino a qui.

Luciano Zaami

mercoledì 20 marzo 2013

L’infelicità che move il sole e le altre stelle.


L'uomo per sua natura è infelice, lo è perché è portato sempre a desiderare ciò che non può possedere. Il possesso e la brama sono la base della sua sofferenza. Non importa quali risultati o beni avrà ottenuto, ciò che già è stato non placa la sua sete, l'uomo volge lo sguardo a quello che ancora non ha.
Questa insoddisfazione è contemporaneamente peccato e virtù, se da un lato è infatti l'origine della nostra irrequietezza dall'altro è il motore del genere umano, è proprio grazie all'insoddisfazione che noi cerchiamo sempre di ottenere di più e di andare oltre. Senza questa sete perenne non avremmo avuto uomini curiosi di scoprire nuove terre, di inventare oggetti capaci di rivoluzionare la vita di tutti, di investigare la medicina alla ricerca di nuove cure e vaccini. L'uomo avanza nel desiderio e con esso il mondo.
Io stesso, pur avendo raggiunto diversi traguardi non riesco ad accontentarmi, ad ogni successo segue l'insoddisfazione e quindi la voglia di intraprendere nuove sfide e di raggiungere nuovi obiettivi.
Credo che questo faccia parte della nostra natura, superare se stessi è il motore dell'evoluzione del genere umano, senza l'infelicità non avremmo la spinta a migliorare la nostra condizione alla ricerca della gratificazione. Infelicità e curiosità, voglia di superarsi e ricerca di nuove sfide, ingredienti di un motore che ci ha portati dalle caverne all'esplorazione dello spazio.
Forse un uomo felice e appagato vivrebbe sereno ma senza il desiderio di scoprire, ed allora non avremmo la meraviglia dell’evoluzione in tutte le sue forme.
Decido quindi di non meravigliarmi della mia infelicità e della voglia di continuare questa corsa pur avendo già qualche piccolo successo in saccoccia, non è ciò che ho già fatto che mi rende felice, ma l’atto stesso di inseguire i miei sogni cercando,  quando possibile,  di trasformarli in realtà.

Luciano Zaami

giovedì 14 marzo 2013

E' questa la vita che sognavo da bambino?


Un recente brano di Jovanotti inizia con queste parole: "E’ questa la vita che sognavo da bambino?", già, è davvero questa la vita che sognavamo da piccoli?
Oggi mi ponevo questa domanda, quando facevo un confronto fra la mia generazione e quella dei miei coetanei che abitano in altri Stati europei, ragazzi come me che vivono vite più serene e agevoli. Guardando i loro profili nei social network, noto sempre l'assenza di temi politici e di protesta, questo non perché loro siano superficiali, ma perché per quanto adesso l'Europa intera sia in crisi, nessuna Nazione ha i problemi che noi da ormai vent'anni viviamo in Italia.
La cosa buffa è che il nostro nemico numero uno non è la malavita, ma lo Stato Italiano e i suoi rappresentanti, quei politici e funzionari che dovrebbe renderci la vita semplice e che invece l’hanno resa un inferno. Non passa giorno in cui non dobbiamo imbarcarci in una nuova sfida per contrastare le malefatte di una classe politica che ormai opera nella piena illegalità, in barba al pudore e alla decenza, facendo leva sulla pazienza ed educazione di un popolo stremato ma che ancora non ha perso l’autocontrollo… per fortuna. Ogni giorno ci svegliamo e leggiamo di nuovi soprusi e illegalità, e sappiamo che dobbiamo rimetterci l’elmetto e tornare a combattere contro questi delinquenti.
Mi chiedo quindi se questa sia una vita dignitosa, se il dover spendere le proprie giornate a lottare invece che a vivere beatamente sia una cosa normale. Chiedo troppo se pretendo che i miei coetanei possano frequentare delle scuole che non debbano essere occupate a causa di azioni scellerate del nostro governo? Chiedo troppo se credo sia giusto che un giovane trovi lavoro dopo gli studi? Un lavoro adatto alle sue inclinazioni, che lo renda soddisfatto e non lo obblighi ad emigrare? Non è forse folle che le aziende debbano lavorare solo per far fronte alla pressione fiscale? Ed ancora, vi sembra normale che i cittadini debbano controllare e contestare le azioni dello Stato, invece di vivere un’esistenza serena? Possiamo questa definirla vita?
I miei sono certamente discorsi già affrontati e di dominio pubblico. Ma posso dire che ho avuto la fortuna di vivere e lavorare all'estero, e so cosa significhi avere una qualità della vita dignitosa, e uno stipendio che ti permette di non avere pensieri ma di coltivare piaceri e interessi che rendono l'esistenza degna di essere chiamata tale.
So anche che ci sono paesi messi peggio dell’Italia, ma questo non vuol dire che non dobbiamo indignarci e pretendere quello che ci spetta come cittadini di un paese che dice di essere democratico.
Ci sono tre diverse opzioni: subire, fuggire o lottare.
Per quanto le prime due siano le più semplici, solo la terza porterà davvero un cambiamento, e quindi se vogliamo cambiare le cose dobbiamo per forza metterci in gioco e lottare, per fare in modo che chi venga dopo di noi non debba subire il nostro stesso destino.
Del resto, penso sempre che i problemi non si risolvono da soli, ma è necessario che una generazione si sacrifichi affinché tutto possa cambiare, un gruppo di cittadini che decide di rimboccarsi le maniche e che capisca che dobbiamo rinunciare a qualcosa adesso per evitare di perdere tutto in futuro.
Non so se vedremo mai i risultati concreti, forse i nostri figli godranno di questi frutti, ma anche se non ci sono eserciti e morti, questa è una guerra e noi siamo al fronte, che ci piaccia o no.

Luciano Zaami

sabato 9 febbraio 2013

La neve a Caltanissetta


Caltanissetta, inverno 2003.
In inverno non sono rare le nevicate, o forse, sarebbe meglio chiamarle, spruzzate di neve.
Spinti dal vento i fiocchi cadono, mentre la domanda che tutti si pongono è: “ma quaglierà?”
Il solo fatto di porsi questo quesito, fa capire di come non si è capaci di comprendere questo fenomeno atmosferico, per il solo fatto di essere a noi estraneo.
Le nevicate abbondanti, quelle che restano per giorni, avvengono ogni tre quattro anni, almeno nelle zone collinari, mentre sui monti Nebrodi o sulle Madonie, la neve è una componente del paesaggio invernale, e così anche sull’Etna.
La bellezza e la grandezza del vulcano, fa si che per tutto il mese di Aprile ed inizio Maggio, ci sia ancora molta neve sulla cima del monte, così non è raro in primavera poter trascorrere una mattinata al mare, mentre al pomeriggio si può salire sull’Etna per immergersi in un clima invernale, fatto di neve e rifugi pieni di turisti in cerca di una tazza di cioccolata calda.
A Caltanissetta ogni due o tre anni cade un po’ di neve, niente di eccessivo, giusto quel po’ che basta per far andare in tilt la città. Il traffico impazzisce, e sia in centro che in periferia, vedi studenti che hanno marinato la scuola per restare a divertirsi per le strade.
La cosa singolare è vederli giocare a palle di neve. Raccolgono la scarsa materia, che man mano viene impastata e riciclata, diventando così sempre più una palla di ghiaccio e fango, finché quello che ti arriva in testa sono delle vere e proprie pietre. Ma del resto, è già tanto che a queste latitudini sia apparsa la neve, pretesa alta sarebbe, chiederle di restare.