mercoledì 23 maggio 2012

Noi, Falcone e la Nuova Resistenza


La nuova resistenza passa anche attraverso una piccola città malata come può essere Caltanissetta.
Città assonnata, dimenticata da tutti, che come i gamberi deve prima fare due passi indietro per farne uno avanti, eppure nel Gennaio 2010, a seguito delle minacce ricevute ai Giudici di Caltanissetta da parte delle cosche di Gela la città ha deciso di stringersi attorno ai propri eroi celebrandoli da vivi e affiancandoli nella lotta quotidiana contro la Mafia per non farli sentire soli. Ed è perseguendo questo scopo che nasce la Scorta Civica, un muro di solidarietà attorno ai nostri Giudici e a tutte quelle persone che lottano ogni giorno affinché questa terra sia un luogo libero in cui crescere senza paura.
Una scorta di cittadini, che da quel 23 gennaio, si è data appuntamento ogni anno davanti il tribunale per manifestare la loro voglia di legalità e di cambiamento, una scorta fatta di giovani, di ragazzi delle scuole, di padri e madri, di liberi professionisti e di uomini dello stato.
Una compagine fresca, lontana da quella che siamo abituati a vedere a Palermo, una realtà dove gli stessi attori recitano una parte da troppi anni, e dove uno strato di polvere sembra aver ricoperto le cose, decidendo che nulla deve cambiare e che tutto deve essere taciuto.
I volti Nisseni hanno una sapore di leggerezza, di novità, non di voglia di cambiamento ma la consapevolezza di essere quel cambiamento, perché è solo partecipando che si diffonde la legalità, solo cambiando le coscienze che si potrà realizzare una società pulita.
Queste emozioni si possono facilmente scoprire nelle foto della mostra di Silvio Zaami, inaugurata per l'occasione proprio il 23 Maggio al Palazzo di Giustizia di Caltanissetta, che raccontano in maniera semplice e senza voler imporre uno scatto ricercato, i volti di quel futuro tanto atteso, riportano il lavoro dei Magistrati dentro gli uffici del Palazzo, ma anche l’entusiasmo e la voglia di vivere dei migliaia di giovani che ogni anno affollano Piazza Falcone e Borsellino per ricordare il sacrificio delle vittime della mafia, ma anche per far sentire la loro presenza ai nostri eroi vivi.
Foto in bianco e nero, che vogliono solo trasmettere l’emozione del momento, dello slancio di una città che ha voglia di cambiare e di non abbassare la guardia.
Le nuove generazioni cresciute all’indomani delle stragi del 1992, con una visione diversa della Mafia e con nel dna il concetto della legalità e della resistenza. E questa Nuova Resistenza trova il simbolo nel piccolo Paolo Borsellino, e nella sua foto col padre Manfredi durante una partita di calcio in ricordo delle stragi di mafia, un bambino che porta il nome di un nonno che non potrà mai abbracciare, ma di cui conoscerà l’eroe che ha sacrificato la sua vita per permetterci oggi di scendere in piazza senza più paura e con la sola voglia di cambiare la Sicilia e i Siciliani.

martedì 15 maggio 2012

Il Max Pezzali che è in te.

Diciamocelo chiaro e tondo, Max Pezzali piace, ma tutti si vergognano ad ammetterlo. Conosciamo a memoria molte delle sue canzoni, le cantiamo in auto o sotto la doccia, ma poi non ci permettiamo di dire umilmente che segretamente ci fa impazzire.
Io non ho mai nascosto la mia stima nei suoi confronti, anzi, da tempo sostengo la sua profondità celata fra le righe di canzoni orecchiabili ed a sfondo leggero, perché anche se non vogliamo ammetterlo, sappiamo bene che la realtà descritta dal Pezzali è proprio quella in cui noi viviamo. Piccole cittadine noiose, ragazzi da sempre innamorati della bella del paese che se la tira, serate passate in auto a girare di locale in locale per poi capire che c’è solo la noia a tenerci compagnia: Max non ci piace perché parla di noi, e noi siamo in fin dei conti persone che vivono vite noiose e che credono di essere uniche.
Purtroppo unici non siamo, ed è inutile che ci identifichiamo in Vasco Rossi e nelle sue canzoni, sogniamo una “vita spericolata” perché crediamo che quello che facciamo “siamo solo noi” a farlo, ma non è così. Che ci piaccia o no, il nostro concetto di vita spericolata è di uscire al sabato sera in auto per finire in una pizzeria, e di spericolato c’è solo il fatto che oggi, in barba alla dieta, ordineremo una pizza più condita del solito, o che poi berremo un bicchiere in più sperando che la polizia non ci accoppi! Mi spiace, ma di spericolato non c’è un bel niente nelle vostre vite, ed è ora che lo sappiate, e quando cantate “siamo solo noi” dovete sapere che non è così, come voi ci sono altre migliaia di persone che si credono uniche ma che alla fine la loro piccola fuga è quel giro in auto la sera in cerca di una pub dove mangiare il solito panino con patatine.
Le persone hanno voglia di evasione, di sentirsi uniche, e finiscono per identificarsi con personaggi e temi che alla fine non raggiungeranno mai, certo è loro diritto sognare, ma mi chiedo solo se poi si rendano veramente conto che la realtà che li circonda è ben diversa, un po' come quando all'indomani del nuovo successo di Jovanotti, tutti scrivevano che loro erano “il più grande spettacolo dopo il big bang”, una frase che ha fatto registrare il tutto esaurito nel settore banalità, ma che soprattutto dura giusto il tempo della durata di quel rapporto e poi ripeto, il vostro amore non ha nulla di unico, è ora che ve ne facciate una ragione!

Così torna il verbo di Max, che alla fine parla proprio di noi, delle piccole realtà in cui siamo sprofondati, delle nostre vite strette che ci rendono piccoli e tristemente normali, però lui lo fa con tono ironico, ad esempio in brani come “Viaggio al centro del mondo”, in cui il protagonista, dopo aver descritto l’euforia della grande città, si chiede se lui ed i suoi amici possano davvero vivere in un luogo del genere, loro che forse sono “troppo lenti o troppo tonti”, e così potremmo continuare a portare esempi di una sconvolgente quotidianità che viene sempre descritta in tono così sfacciato da non voler esser visto, e quindi finisce per essere denigrato.
Certo, ora non voglio dire che Max è per me la principale fonte di ispirazione, ma che piaccia o no, è tempo di andare al di là dell'uomo ragno per vedere che più di ogni altro artista lui descrive esattamente come siamo, noi non siamo quello che descrivono Vasco o Ligabue, non siamo eterei come i brani di Battiato e nemmeno così vintage come le parole di Conte, non siamo spirituali come Jovanotti o melanconici come la Consoli, immedesimarci in questi modelli ci aiuta solo a star male, a sentirci frustrati a causa di un'esistenza che noi non riusciremo mai ad avere, noi siamo gli sfigati di provincia descritti da Max Pezzali, e questo ci spaventa, perché di fatto non ci piaciamo e vorremmo essere unici, ed è per questo che sogniamo la vita degli altri mentre sprofondiamo nella noia e nell'anonimato.

Luciano Zaami