domenica 25 settembre 2011

11 Settembre e la sindrome dell'Io c'ero!

Anche quest’anno è arrivato l’11 Settembre, e come sempre ci troviamo a dover, non tanto rivedere quelle scene passate ormai alla storia, ma di dover ascoltare, senza che avessimo posto la domanda, osservazioni del tipo: “Io in quel momento stavo facendo…”

Per esser brevi, tutte le persone con cui finisco a parlare delle torri gemelle, tendono a dirmi cosa stessero facendo nel momento in cui videro per la prima volta le immagini in TV.

Ho sempre trovato questa cosa singolare, ma il fatto che tutti ne parlano significa qualcosa.

Anche persone appena conosciute, mi confessano questo particolare che trovo molto personale, perché riguarda un aspetto della vita privata, il dove si era e cosa si stesse facendo in quel momento.

In pratica, mi raccontano un fatto privato ed inutile ai fini storici, uno di quei fatti a cui viene spontaneo pensare: “ ma che cavolo me ne frega di costa stavi facendo tu a quell’ora?”

Pensateci un attimo, non è successo anche a voi? Tutti abbiamo detto o sentito questo genere di testimonianze centinaia di volte.

Ho iniziato così a cercare le cause di questo fenomeno. E mi sono soffermato su tre possibili risposte:

Forse, compresa la grandezza del momento storico appena vissuto, ogni persona ha avuto bisogno di testimoniare la propria presenza, così in quegli attimi terribili, si crea un legame diretto tra lo spettatore e quella finestra impenetrabile della televisione, cioè la scena che si sta vivendo. In quelle ore esistevamo solo noi ed il dramma. Un legame personale, che in qualche modo doveva essere rafforzato, ma essendo solo osservatori passivi, potevamo solo afferrare la nostra realtà, che in molti casi era un comodo divano, magari accompagnato da un caffè o un gelato. In pratica il succo del discorso sembrerebbe questo: io c’ero, e per dimostrartelo ti dico dove ero esattamente e cosa stavo facendo un attimo prima che il mondo cambiasse.

L’altra causa potrebbe essere un contrasto. Eravamo tutti comodamente seduti in prima fila a fissare l’orrore. Forse l’atmosfera di un caldo pomeriggio assonnato di settembre ha cozzato con le immagini intrappolate nella scatoletta. Un po’ come quando a cena guardiamo le immagini dei bambini che in Africa muoiono di fame, e nel mentre addentiamo un pezzo di carne dicendo: “il mondo va a puttane.”

Infine, credevo che il fatto di ricordarsi esattamente il cosa si stesse facendo in quei momenti, fosse legato ad una forma di shock. Quando infatti siamo vittime di un incidente, spesso, ricordiamo con esattezza ciò che stavamo facendo un attimo prima che il fatto accadesse. Memorizziamo così le parole, le immagini, ogni cosa che normalmente tenderemmo a dimenticare. In questo caso, la notizia e le immagini dell’attacco sono state così forti che il nostro cervello ha impresso ogni cosa, riuscendo così a dare un tratto indelebile all’inizio di quella lunga giornata.

Questa ultima teoria mi sembrava la più campata in aria, anche perché era stata dettata (come poi le altre) da un mia impressione, da dei semplici ragionamenti, e non da una conoscenza specifica della mente umana.

Invece in questi giorni ho avuto la risposta, risposta che ci riguarda tutti perché ci rende chiaro qualcosa che non capivamo pur avendolo vissuto.

L'amigdala è un gruppo di strutture interconnesse, a forma di mandorla, posto sopra il tronco cerebrale vicino alla parte inferiore del sistema limbico.

Queste strutture limbiche compiono gran parte del lavoro di apprendimento e memorizzazione svolto dal cervello; l'amigdala è specializzata nelle questioni emozionali: se viene tolta dal resto del cervello, il risultato è una evidentissima incapacità di valutare il significato emozionale degli eventi.

In pratica, oltre al cervello ed al cervelletto abbiamo pure queste due mandorle le quali sono la sede centrale del nostro istinto di sopravvivenza e conservazione, il luogo che ci collega ancora agli animali.

Il cervello, ed in particolare la neocorteccia, ha il compito di elaborare gli influssi esterni, le informazioni, valutarne l’entità e rispondere ad essi nella maniera più appropriata, questo è un progesso logico e spesso lento. Il cervello analizza in modo lento, completo e razionale ciò che ci accade attorno.

Nel caso in cui invece ci venissimo a trovare in una condizione di emergenza improvvisa, ad esempio un botto alle nostre spalle, avremmo una reazione istintiva, un salto, un urlo, in alcuni casi cominceremmo a scappare, ed avremmo tutta una serie di conseguenze fisiche che vanno dal sudore all’accelerazione improvvisa del battito cardiaco.

Queste reazioni non sono ragionate, ma istintive e vengono regolate dall’amigdala, essa avendo il compito di proteggerci, riesce momentaneamente a scollegare il cervello, ed a prendere il controllo del nostro corpo, in pratica ci fa agire in modo istintivo per salvaguardarci.

Avete presente il detto “non ci vedo dalla rabbia”? Avete presente quelle brave persone che in preda ad un raptus uccidono la moglie durante un litigio? Beh, non sono pazzi o criminali, ma si sono venute a creare delle condizioni tali che l’amigdala prendesse il possesso del nostro corpo e ci spingesse a compiere un delitto pur di garantire la nostra sopravvivenza.

Per questo, in seguito, l’omicida dice di non ricordarsi nulla, o comunque comprende il peso del suo gesto solo a fatto già compiuto.

L’amigdala ha anche il compito di immagazzinare una serie di informazioni riscontrate durante dei momenti negativi della nostra vita, ad esempio tutto quello che accadeva durante e qualche istante prima di un incidente automobilistico.

Di norma chi ha subito un trauma ricorda tutto quello che gli sia successo, e spesso, sentendo un suono od un odore, può facilmente riportare in superficie quei momenti tragici. Anche se sembra assurdo, di traumatico c’è ben poco, anzi, l’amigdala cerca sempre di collezionare più informazioni possibili riguardo ad un dato evento, in modo tale da poterle mettere in relazione nel caso in cui si dovessero riproporre le stesse condizioni, invitandoci quindi alla prudenza.

Per assurdo, quello che per noi è un trauma spesso indelebile, altro non è che il modo migliore per sopravvivere.

Volete sapere cosa accadde quel pomeriggio dell’11 di Settembre?

Semplice, il vostro cervello ha subito intuito la vastità del dramma, che anche se in modo indiretto, aveva colpito ogn’uno di noi, così l’amigdala ha immagazzinato tutte le informazioni riguardanti quei momenti. Il problema è l’incapacità di distinguere ciò che è realmente importante da quello che non lo è, quindi assimila tutto, voci, odori, quello che si stava leggendo, il discorso che stavi portando avanti con un tuo amico. Tutto è stato accumulato e memorizzato.

In una società primitiva, in cui l’uomo era a contatto con la natura, la registrazione di ogni evento esterno era di fondamentale importanza, questo serviva a richiamare alla memoria questi indizi nel caso ci si trovasse in condizioni simili. Pensate ad esempio ad un cavernicolo che si fosse trovato nel bel mezzo di un temporale improvviso, non trova riparo, così vedendo un albero cerca di raggiungerlo, ma qualche metro prima di arrivare a destinazione un enorme luce lo abbaglia, un boato lo rende sordo, e vede l’albero prender fuoco. In pratica un fulmine ha colpito il suo riparo e per poco non è morto. In questo caso l’amigdala ha immagazzinato tutte queste informazioni, ovvero, la pioggia, l’albero, il suono, la luce, il fuoco. Tutti fattori che verranno richiamati alla mente non appena il cavernicolo si troverà nuovamente nelle stesse condizioni.

Ma al giorno d’oggi, memorizzare l’ambiente esterno è del tutto inutile, e capita spesso di collezionare una massa di dati che finiscono per diventare un ricordo traumatico ed indelebile. Questo avviene in quei bambini testimoni del divorzio dei propri genitori e di tutti i litigi che lo hanno preceduto. Il cervello memorizza questi fattori che per lui sono qualcosa di pericolo (per un uomo primitivo magari gli stessi fattori sarebbero stati un branco di lupi), così il nostro bambino resterà perennemente traumatizzato, crescerà con numerosi dubbi, non crederà nell’amore e nel matrimonio, soffrirà di senso di abbandono, ed avrà un pacco di problemi relazionali. Questo anche perché noi crediamo che sia un trauma, e la società c’è lo fa credere, così entriamo in un circolo vizioso e ci sentiremo a vita traumatizzati, invece non è così, e semplice memoria.

Purtroppo tendiamo a ricordare solo le cose negative, perché servono alla nostra sopravvivenza, questo ci causa dei problemi.

Un consiglio? Per i traumi lievi (per quelli grossi consultate uno specialista), pensate solo che si tratta dell’amigdala che ha memorizzato il fatto.

Il vostro cervello e le vostre emozioni sono del tutto operative, non avete nulla di storto, quello che vi portate dentro è solo frutto della società che vi ha fatto credere che un trauma vi segnerà per tutta la vita. Questo è solo un effetto dell’amigdala che cerca di proteggervi, per evitare che i figli cadano negli stessi errori dei genitori, per far si che noi si diventi più saggi e per evitare che la storia si ripeti ancora.

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