Diciamocelo chiaro e
tondo, Max Pezzali piace, ma tutti si vergognano ad ammetterlo.
Conosciamo a memoria molte delle sue canzoni, le cantiamo in auto o
sotto la doccia, ma poi non ci permettiamo di dire umilmente che
segretamente ci fa impazzire.
Io non ho mai nascosto la
mia stima nei suoi confronti, anzi, da tempo sostengo la sua
profondità celata fra le righe di canzoni orecchiabili ed a sfondo
leggero, perché anche se non vogliamo ammetterlo, sappiamo bene che
la realtà descritta dal Pezzali è proprio quella in cui noi
viviamo. Piccole cittadine noiose, ragazzi da sempre innamorati della
bella del paese che se la tira, serate passate in auto a girare di
locale in locale per poi capire che c’è solo la noia a tenerci
compagnia: Max non ci piace perché parla di noi, e noi siamo in fin
dei conti persone che vivono vite noiose e che credono di essere
uniche.
Purtroppo unici non
siamo, ed è inutile che ci identifichiamo in Vasco Rossi e nelle sue
canzoni, sogniamo una “vita spericolata” perché crediamo che
quello che facciamo “siamo solo noi” a farlo, ma non è così.
Che ci piaccia o no, il nostro concetto di vita spericolata è di
uscire al sabato sera in auto per finire in una pizzeria, e di
spericolato c’è solo il fatto che oggi, in barba alla dieta,
ordineremo una pizza più condita del solito, o che poi berremo un
bicchiere in più sperando che la polizia non ci accoppi! Mi spiace,
ma di spericolato non c’è un bel niente nelle vostre vite, ed è
ora che lo sappiate, e quando cantate “siamo solo noi” dovete
sapere che non è così, come voi ci sono altre migliaia di persone
che si credono uniche ma che alla fine la loro piccola fuga è quel
giro in auto la sera in cerca di una pub dove mangiare il solito
panino con patatine.
Le persone hanno voglia
di evasione, di sentirsi uniche, e finiscono per identificarsi con
personaggi e temi che alla fine non raggiungeranno mai, certo è loro
diritto sognare, ma mi chiedo solo se poi si rendano veramente conto
che la realtà che li circonda è ben diversa, un po' come quando
all'indomani del nuovo successo di Jovanotti, tutti scrivevano che
loro erano “il più grande spettacolo dopo il big bang”, una
frase che ha fatto registrare il tutto esaurito nel settore banalità,
ma che soprattutto dura giusto il tempo della durata di quel rapporto
e poi ripeto, il vostro amore non ha nulla di unico, è ora che ve ne
facciate una ragione!
Così torna il verbo di
Max, che alla fine parla proprio di noi, delle piccole realtà in cui
siamo sprofondati, delle nostre vite strette che ci rendono piccoli e
tristemente normali, però lui lo fa con tono ironico, ad esempio in
brani come “Viaggio al centro del mondo”, in cui il protagonista,
dopo aver descritto l’euforia della grande città, si chiede se lui
ed i suoi amici possano davvero vivere in un luogo del genere, loro
che forse sono “troppo lenti o troppo tonti”, e così potremmo
continuare a portare esempi di una sconvolgente quotidianità che
viene sempre descritta in tono così sfacciato da non voler esser
visto, e quindi finisce per essere denigrato.
Certo, ora non voglio
dire che Max è per me la principale fonte di ispirazione, ma che
piaccia o no, è tempo di andare al di là dell'uomo ragno per vedere
che più di ogni altro artista lui descrive esattamente come siamo,
noi non siamo quello che descrivono Vasco o Ligabue, non siamo eterei
come i brani di Battiato e nemmeno così vintage come le parole di
Conte, non siamo spirituali come Jovanotti o melanconici come la
Consoli, immedesimarci in questi modelli ci aiuta solo a star male, a
sentirci frustrati a causa di un'esistenza che noi non riusciremo mai
ad avere, noi siamo gli sfigati di provincia descritti da Max
Pezzali, e questo ci spaventa, perché di fatto non ci piaciamo e
vorremmo essere unici, ed è per questo che sogniamo la vita degli
altri mentre sprofondiamo nella noia e nell'anonimato.
Luciano Zaami
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