Chi mi conosce sa bene cosa penso
del calcio e soprattutto di chi lo segue eleggendolo a unico argomento delle
sue giornate e a unico interesse che riempie circa la totalità delle sue
giornate e della sua vita sociale e privata.
Eppure non posso non nascondervi
l’emozione che ho provato nel seguire le ultime due partite. Principalmente
perché finalmente, dopo tanti anni di successi dettati più da un proverbiale
culo che da una vera e propria prova di stile, l’Italia ha messo in campo una
squadra capace di stupire e di divertire, un team quasi perfetto che tiene la
palla in campo con freddezza ma anche estro. Ovviamente quest’osservazione è di
puro stile tecnico, resta intatto il mio disprezzo per tutto ciò che gira
attorno ad un semplice sport che dovrebbe esaurire la sua performance in 90
minuti e non altro.
Ma più di ogni altra vittoria
quello che mi ha colpito, e che adesso ipocritamente colpisce tutti, è la
storia del buon Balotelli, talento a cui vengono perdonati tutti i peccati e i
difetti se riesce a portare una squadra in finale a suon di gol. Un giovane
impetuoso il cui atteggiamento arrogante diventa pure simpatico e giustificato
dopo che la palla si è fermata fra le maglie della rete.
Ovviamente, inutile dire che se
non fosse diventato la nuova icona del calcio italiano, adesso sarebbe
attaccato da tutti per la sua arroganza e tutto quello che già sappiamo di
Balotelli.
Premettendo che non ho mai avuto
simpatie o antipatie per il Sig. Mario, essendo io disinteressato al calcio, ma
da due giorni sto dando un valore simbolico fortissimo a questo ragazzo, con la
speranza che lui stesso si renda conto che da prodigio testone dal passato
difficile è diventato improvvisamente un’icona per uno dei temi che più fa
vergognare questo “Bel Paese” che di bello ha ormai ben poco, parlo del tema
dell’integrazione e del razzismo che in vent’anni è montato in Italia grazie a
Berlusconi, alla Lega, e ad una legge ignobile chiamata Bossi-Fini.
Alla fine di Italia-Germania, il
centro storico di Caltanissetta, prima che dagli Italiani, è stato invaso da
centinaia di immigrati Africani che festosi giravano per le strade gridando il
nome di Balotelli. Lì ho capito che qualcosa stava accadendo, che questo
ragazzo è diventato il collegamento fra due mondi che non riescono ancora a
parlarsi e che forse possono trovare un linguaggio comune nel calcio.
Non gridavano altro nome, solo
Balotelli, questa era la loro vittoria e la loro rivalsa, come in passato gli
Italo-Americani si facevano forti di tutti quei nuovi eroi figli di immigrati
che col loro successo ridavano dignità ad un intero popolo.
Adesso Balotelli è l’icona di
quelli immigrati che per colpa dell’ignoranza e della paura degli Italiani, non
riescono ancora a farsi accettare nel paese dove nascono, studiano, lavorano e
pagano le tasse. Una legge assurda che fa si che pur nascendo in Italia non sei
riconosciuto come cittadino perché i tuoi genitori non sono Italiani. Una legge
medievale basata quindi su una questione genetica e di sangue, roba da
accapponare la pelle! Altro che 2000 anni di cultura, qui si guarda ancora alla
razza!
Balotelli è stato capace di far
integrare gli Italiani agli immigrati, e sottolineo il fatto che sono gli
italiani a doversi integrare e non viceversa, perché ormai è da oltre vent’anni
che viviamo in una nazione multietnica, ma sembra che il nostro razzismo non ci
faccia accettare un fenomeno che altrove è una norma, basta andare in Francia,
Germania o Inghilterra per vedere realtà dove la multi etnicità è una parte
assodata della società.
Ma per fortuna c’è il calcio,
l’unico evento che riesce a far scendere in piazza gli italiani, l’unica volta
in cui si vedono le bandiere per strada e si canta l’inno; certo, poco importa
se alla fine non si tifa la nazione, ma la squadra in sé. Quella è la bandiera
della nazionale di calcio, non del nostro paese, e quello è l’inno della
squadra, non quello di tutti.
Poco importa tutto il resto,
quello che mi interessa è che un ragazzo di colore, nato a Palermo e adottato
da una famiglia Bresciana sia diventato in questi giorni l’icona dell’Italia,
l’occasione per focalizzare l’attenzione su un problema tanto discusso ma che
fin’ora non ha mai visto un sostegno dell’opinione pubblica, ma adesso, visto
che di mezzo c’è il calcio, possiamo sperare in un passo avanti per i diritti
di quelle persone che di certo si sentono molto più italiane di tanti che si
professano nazionalisti, di sicuro lo sono più di me, che non mi sento italiano
ma Siciliano… ma questa è un’altra storia.
L’altro aspetto, quello di cui
stanno parlando tutti, e del quale io mi compiaccio, è l’abbraccio di Balotelli
alla madre adottiva a fine partita.
Uno dei gesti più belli visti in
un campo di calcio negli ultimi anni, un gesto che di certo rimarrà nella
storia, e che per noi italiani è di sicuro qualcosa che non ci lascia
indifferenti.
L’italiano all’estero (ma anche
nel Nord Italia) viene sempre deriso per il suo essere mammone, caratteristica
che agli occhi dei gelidi nordici sembra indebolire l’animo umano, invece io
credo fortemente che l’amore e i sentimenti siano quanto di più importante
esista, soprattutto nei confronti dei nostri genitori, persone che ci amano e
ci ameranno sempre indipendentemente da chi siamo e da cosa facciamo. Di tutti
gli amori passeggeri che ci accendono e deludono, quello per i propri familiari
è il più puro e vivrà in eterno.
Siamo un popolo di mammoni, e
meno male! Che sia questo il segreto del nostro estro? Del nostro saper stupire
con un lampo di genio uscendo fuori da situazioni ormai spacciate? Del resto è questo
il motivo per cui siamo tanto odiati, l’Italiano passa il tempo nel totale
cazzeggio per poi salvare tutto negli ultimi minuti, utilizzando solo
l’inventiva. Certo, non è una scusante, ma una nostra caratteristica. Amo
pensare, che come tutti i bambini, decidiamo di fare un grande gesto non tanto
per noi stessi, ma per rendere felici ed orgogliosi i nostri genitori, se
questo fosse il modus operandi di una nazione, se noi tutti operassimo pensando
a quello che potrebbero pensare le nostre madri ed i nostri padri, allora
faremmo di certo la cosa giusta, e porteremmo a casa il risultato.
Forse questo mio pensiero è un
po’ semplicista, ma è comunque innocuo, e forse aiuta a vivere meglio, perché
ci ricorda che nella vita le soddisfazioni personali possono venire anche
rendendo felici ed orgogliosi chi ci vuole bene.