martedì 17 maggio 2016

Mafia, Antimafia, e la grande delusione.

Inutile dire che la vicenda di Pino Maniaci ha lasciato tutti i siciliani onesti con un gran senso di smarrimento, come è anche vero che i siciliani disonesti avranno brindato sulla sua testa.
Difficile dare un giudizio dopo il video diffuso ieri da quasi tutti i giornali nazionali e locali, perché che ci piaccia o no, quelle parole sono state dette, e sentirle è stata una coltellata al cuore di chi, per anni, ha visto in lui uno dei pochi paladini su cui contare nella lunga ed eterna lotta alla mafia e, mi spiace dirlo, all’antimafia.
Oggi siamo tutti qui a prendere le distanze da Maniaci, siamo così bravi a crearci degli eroi, come altrettanto bravi siamo a maledirli, di certo, continuiamo a delegare ogni cosa, anche le battaglie contro la mafia, perché, come già scrissi gli italiani sono affetti dalla “Sindrome del Messia“, ovvero l’arte di non prendersi le proprie responsabilità e mandare avanti gli altri a combattere per i nostri diritti.
Una cosa però è giusta dirla, nonostante quello che è successo nelle ultime ore, le lotte di Maniaci contro la Mafia erano vere, e le sue inchieste sono state le uniche degne di nota in un panorama giornalistico spesso piatto e servile, gli scandali e gli scoop che hanno portato ad arresti eccellenti e alla disgregazione di associazioni a delinquere, erano reali, e di questo dobbiamo dargliene atto.
Come è anche vero che il video che lo incastra, è di certo una “vendetta” consumata fredda, perché questo linciaggio mediatico è stato riservato a lui e non ai tanti politici intercettati che spesso Pino ha aiutato ad arrestare.
Lo stesso Ingroia si complimenta ironicamente con chi ha impacchettato questo video, fatto di frasi decontestualizzate e montato ad arte, che per quello che appare, è un’accusa pesante e da cui è difficile difendersi.
Probabilmente Maniaci si è calato troppo nei panni del giustiziere solitario, spavaldo anche troppo, forte delle sue battaglie che gli hanno dato carta bianca nei confronti dei cattivi che stava combattendo, passando da eroe a carnefice, e sconfinando più volte nell’illegalità.
La verità, in questa vicenda, è ancora lontana, e purtroppo il contesto non va a favore del giornalista antimafia, ma ricordiamoci anche che adesso la mafia preferisce il fango alle pallottole, e che quindi il modo migliore per eliminare un personaggio scomodo è screditarlo agli occhi dell’opinione pubblica.
Più che i video, lasciamo parlare la magistratura, solo allora sarà fatta chiarezza su questa tristissima vicenda, e solo allora sapremo se avremo un pezzo di merda in più, o un eroe in meno.

mercoledì 30 marzo 2016

Caltanissetta, le marce funebri, e il concetto di tempo per i siciliani

Le marce funebri mi mettono sempre allegria, non ci posso far nulla.
L’abbuffata del suono degli ottoni a cui è sottoposto un Siciliano durante la Settimana Santa, è ciò che inserisce un nuovo tassello a quello strano legame fra vivi e morti che abbiamo noi isolani.
Da sempre, fin da piccolo, per me banda musicale significava inevitabilmente marce funebri. Ancora oggi, se sento una banda suonare un altro genere musicale, come un marcia allegra, la cosa finisce per incuriosire le mie orecchie.
Ricordo che la prima ed unica volta che vidi una banda di Caltanissetta suonare un pezzo ritmato fu proprio un Giovedì Santo di tanti anni fa, prima che iniziassero ad accompagnare uno dei gruppi sacri che avrebbero sfilato per tutta la notte per il centro storico della città.
Saranno state le quattro del pomeriggio, e per riscaldare gli ottoni, decisero di lanciarsi in un pezzo swing, la cosa ai miei occhi appariva un po’ profana, ma anche piena di fascino perché vedevo per la prima volta che un’altra musica era possibile.
Avevo lo stesso animo di quel ragazzino cosciente di compiere qualcosa di sbagliato ma stupito dal gusto che ne derivava.
In Sicilia, dove molte cose vanno avanti seguendo una traccia già segnata, anche l’utilizzo delle bande sembrava a senso unico: feste sacre in tonalità minore!
Per la prima volta vedevo un uso diverso di una banda musicale. Per altri e di sicuro per i non isolani, la marcia funebre con la sua impetuosità non era di certo l’utilizzo più usuale, eppure per noi era ed è la norma. La bellezza di quei suoni che stordiscono, la solennità del passo cadenzato di chi partecipa alla processione. Ogni cosa in Sicilia che è legata ad una festa di paese, è spesso collegata al mistero della morte. Per quanto assurdo possa sembrare, i giorni più felici della nostra infanzia, hanno come cornice processioni, marce funebri e morti.
Durante i riti della Settimana Santa, sin da piccoli, siamo abituati a vedere corpi flagellati, crocifissioni, piaghe e sangue, visi contorti e straziati dal dolore. Eppure, nulla di questo spaventa i bambini, ogni cosa è vista attraverso la lente della festa, e così anno dopo anno, si collegano i momenti felici al mistero che lega l’uomo a ciò che lo attende.
Non credo esista Siciliano che non pensi costantemente alla morte, o se questo può sembrare esagerato, possiamo dire che nel Siciliano il concetto di morte è comunque presente.
Se infatti qualcuno dovesse chiedere un’informazione certa ad esempio su un appuntamento, orario o programma, un Siciliano risponderà che: “di certo non c’è nulla, tranne la morte.”
Di sequenza vi dirà sempre che la scelta migliore verrà fatta al momento opportuno, il vecchio e classico “cumu veni si cunta”.
Per molti quest’ultima frase è la condanna del nostro popolo, ovvero la mancanza di progettare o di voler pianificare qualcosa a lunga o breve scadenza.
Un fatalismo arabo, che lascia tutto nelle mani del caso o di Dio.
Non c’è Siciliano, almeno nell’entroterra, che non vivi questa realtà. Ogni cosa verrà vista e decisa al momento opportuno, quando se ne presenterà l’occasione, il resto sembra non avere importanza quindi non ha tempo.
Tempo qui inteso come realtà, come spazio. In Sicilia il tempo si annulla, si restringe o dilata a suo piacimento. Siamo un popolo non adatto ad agire a breve scadenza, spesso un appuntamento od un impegno viene rimandato il più possibile, senza mai stabilire una data, e difficilmente una cosa verrà fatta dall’oggi al domani.

Sembra che per ogni cosa ci sia tempo, e del resto, in un’isola dove le giornate appaiono tutte uguali, un giorno vale l’altro.

mercoledì 24 febbraio 2016

Entropia

Su quello che mi aspetta dopo la morte non ho dubbi: sono ateo.
Un giorno si spegnerà la luce, e poi solo buio, no paradisi, no reincarnazioni, nulla, il vuoto più assoluto, la fine di questa lunga illusione, il crollo delle certezze su cui si fondano tutte le società del pianeta.
Avendo stabilito questo, cioè il fatto di essere ateo, quello che più mi preme conoscere, quindi, non è tanto il dopo, ovvero se la mia anima andrà o no in qualche luogo ultraterreno, ma il prima; e qui per “prima” non intendo un tempo recente, ma la “notte dei tempi”, quel lontano prima dove tutto fu creato, quello che oggi la scienza ha definito big bang.

Se infatti i credenti danno per assodato che Dio sia sempre esistito, e che egli abbia creato l’universo con il conseguente paradiso ed inferno, gli atei, al contrario, spesso non si pongono domande sul dopo, ma amano perdersi nel prima, questo perché, non accettano l’esistenza di un Dio, ma la regola che ogni cosa deve pur avere un’origine.
L’argomento è un semplice gioco al ritroso, un riavvolgimento dei fatti, la storia del mondo da adesso al principio. Tutti i fili sparsi in questi miliardi di anni vengono raggomitolati fino a riottenere il grande fuso, la massa primordiale da cui tutto è nato.
Il pensiero di questo ammasso mi sconforta ed angoscia, parliamo di un qualcosa di  inimmaginabile, che conteneva tutto quello che di li a poco avrebbe dato vita a ciò che noi oggi chiamiamo universo, materia che una volta combinatasi ha generato galassie, nebulose, stelle e pianeti, e con gli astri le varie forme di vita che adesso li popolano. Chimica, mescolanze di elementi, nati però da una sola grande massa, che reagendo in modo diverso, formano il molteplice ed il meraviglioso.
La cosa ancora più incredibile è che questo massiccio conteneva anche il vuoto, perché se nulla prima esisteva, non poteva nemmeno esserci quello che noi oggi definiamo spazio. Non dobbiamo immaginare questo nucleo come una grande sfera galleggiante nel nulla: lo spazio, quindi il vuoto, esiste solo perché generato dall’espansione di questa energia. Il vuoto è dentro la massa non al di fuori.

Il concetto di spazio mi allarma ancora di più di quello della massa primordiale.
Approfondendo ancora l’argomento, viene quindi spontaneo chiedersi da dove questa energia abbia origine e chi l’abbia messa li, perché se le cose nascono, bisogna che da qualche parte pur provengano, del resto: nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.
Ed il semplice fatto di non riuscire a spiegarmi cosa ci fosse prima del prima, mi lascia in uno stato di grande sconforto ed impotenza.
La stessa teoria del big bang, non spiega il come si sia formata questa massa, ma solo di come essa abbia iniziato ad espandersi.
Un altro fattore che mi da di che pensare è il senso di appartenenza, legato anche alla questione del tempo, o meglio della sua assenza.
Se quello che c’era qualche istante prima del big bang era solo energia, bisogna anche ipotizzare che tutti noi facessimo parte dello stesso impasto, i miei atomi erano mescolati a quelli che avrebbero formato pianeti distanti migliaia di anni luce; questo libro, la terra ed il sole, ed in quel tutto c’era ogni cosa che adesso esiste e ci circonda, perché nulla si crea, ma tutto si trasforma, l’intero creato era lì, in un tempo indefinito ed eterno, i pugnali che hanno ucciso Giulio Cesare, i chiodi che hanno crocifisso Gesù, le tre caravelle di Colombo, l’aereo che sganciò la prima bomba atomica su Hiroshima, la stessa esplosione di quella bomba era già li, bisognava solo farla uscire dalla massa.
Sono stato parte di queste cose, per il semplice fatto che nulla si crea ma tutto si trasforma.
Io ho ucciso Giulio Cesare e nemmeno me lo ricordo…

Trovare una spiegazione all’origine del big bang è adesso impossibile, ed è inutile pensarci perché la soluzione non riusciremmo nemmeno ad immaginarla.
Per questo motivo, a quelle domande alle quali non abbiamo una risposta, c’è Dio.
Ogni cosa, ogni quesito dal più semplice al più complesso, trovava una sua spiegazione nella presenza di una divinità onnipotente.
Anche sulla sua origine c’è poco da sindacare, Dio c’è sempre stato, punto. Ed è di certo inutile mettersi a competere con l’onnipotente, la sua presenza basta a spiegare ogni cosa.
Ma col passare del tempo, la scienza ha trovato molte delle risposte alle domande che da sempre ci eravamo posti, e secolo dopo secolo, Dio ha visto diminuire il suo potere sui diritti d’autore dell’universo e sulle leggi che lo regolano.
Solo per la creazione restano ancora dei dubbi, gli stessi credenti affermano infatti che il ruolo dell’onnipotente sia stato solo quello di far partire ogni cosa, impostando già le leggi universali, e da lì il resto è venuto da se. In pratica, qualcuno lo chiama Dio, altri big bang.
Ma per un ateo questa opzione non esiste, un ateo esclude Dio, e con esso ogni luce che spera e fa sperare.

Dunque il Creatore non c’entra, ma non sappiamo nemmeno di chi sia la colpa, eppure siamo qui, anche se questo sembra assurdo.
Tutto esiste sotto forma di illusione, come in quelle teorie o credenze appartenenti all’Induismo, che vogliono che noi si sia solo un sogno, il sogno di una divinità addormentata.
Questo è ancora più assurdo della teoria di un essere supremo creatore di ogni cosa, perché anche in questo caso dovremmo mettere in gioco una divinità, divinità che un ateo non può accettare, figuriamoci se poi dobbiamo credere al fatto di essere solo il suo sogno.
Eppure lo stato onirico è proprio la lente attraverso la quale io vedo la realtà, nulla ha valore, nulla è reale, ogni cosa perde di significato, dai semplici gesti quotidiani alle guerre che hanno sconvolto la nostra storia. I giorni sono attesa di un qualcosa che sappiamo non verrà mai, e le nostre azioni hanno il sapore vacuo dell’inutile, eppure qualcosa in questo enorme sogno dobbiamo pur farla, perché siamo in ballo, e bisogna ballare.

Tornando al big bang, come ho già detto, questa teoria non spiega il come tutto abbia avuto origine, ma solo come si sia espanso, l’espansione della massa è avvenuta attraverso l’entropia, l’entropia va a braccetto col secondo principio della termodinamica ed è una misura del disordine.
Per farla breve, l’universo si espande, in maniera disordinata, questa espansione segue un ordine caotico, un caos che dona movimento e vita alle cose.
Ancora oggi, a distanza di miliardi di anni, l’entropia regola ogni cosa, e credo che l’essere umano, in quanto soggetto come tutti alle influenze esterne, ne sia affetto. La nostra storia dimostra il bisogno innato di muoverci ed espanderci, prima via terra, poi per mare ed adesso nello spazio.
Lo strano desiderio dell’uomo di fuggire dalla sua dimora ha tempi remoti, legati alla nostra stessa natura di nomadi. Sembra quasi non ci sia una spiegazione logica per investire enormi somme di denaro nella ricerca spaziale, eppure questo viene fatto, e lanciare un uomo oltre la nostra atmosfera, a bordo di una rudimentale navicella, sembra essere una delle poche cose che ancora ci fa sentire grandi, utili o vivi.

Se colonizzeremo mai un altro pianeta proprio non lo so, ma di certo il destino dell’uomo, come un novello Ulisse, sarà quello di navigare per l’universo in cerca di una nuova Itaca, ed è di questa entropia ed irrequietezza che ancor oggi noi uomini ci nutriamo.