mercoledì 28 dicembre 2011

L'ignoranza dei Nisseni

Il solito luogo comune vuole, che i Nisseni lamentandosi a torto, dicano che a Caltanissetta non ci sia nulla da vedere.
Tutto questo, all’occhio di chi è attento, appare falso e soprattutto ignorante.
Il Nisseno è per sua natura Ignorante, ma qui per ignoranza parlo proprio della natura stessa della parola, ovvero “ignorare qualcosa”, ed in questo caso, il Nisseno, ignora il patrimonio della sua città, e quindi con esso la sua storia. Il non conoscere la storia di Caltanissetta deriva di conseguenza dal poco amore che i cittadini hanno per il loro capoluogo. Quindi, riassumendo, i Nisseni non amano Caltanissetta.
Se così non fosse, se provassero infatti interesse per i luoghi e la loro storia, sarebbero più attenti ed attivi per cambiare le sorti di questo centro depresso.
Caltanissetta ha fama di essere un’isola di noia, ma non è il tessuto urbano con le sue strade ed i suoi palazzi ad essere maledetto, il profilo di una città  non è forse delineato da chi la abita? Non è forse la vivacità e vitalità dei cittadini a definire l’anima di un luogo?
Dunque, se Caltanissetta soffre di un male, l’origine va ricercata nei suoi abitanti ed in nessun altro.
Per sostenere una tesi, devo anche portare delle prove, partiamo dunque, a conferma di questo mio pensiero, alla scoperta di un tour insolito ma reale, un tour che vuole portare il lettore a prender coscienza del suo patrimonio.
Immaginate di essere su di un auto, provenite da Enna e percorrete la SS122, superato il confine della provincia, vi troverete a passare su Ponte Capodarso, questo ponte, come pochi sanno, fu costruito dagli Spagnoli circa 500 anni fa, sotto l’Imperatore Carlo V, quando la Sicilia faceva parte dell’enorme Impero Spagnolo. Ponte di alta ingegneria se visto nel contesto del nostro entroterra cinquecento anni fa.
Il Ponte in questione, attraversa una riserva naturale, quella dell’Imera, una magnifica gola in tufo scavata da un fiume. Poco conta se prima i politici delle scorse amministrazioni hanno fatto passare, sopra quel fiume, un tratto dello scorrimento veloce per Gela, e poi hanno autorizzato la riserva. Sappiamo infatti che il politico, per sua natura, è disonesto ed incurante verso il territorio, quindi si è comportato come ha meglio creduto, svolgendo appieno il suo ruolo.
Continuando a salire, attraversiamo paesaggi mozzafiato, con antiche case in rovina che fanno da guardia ad olivi e mandorli secolari.
Si passa quindi sotto monte Sabucina, una splendida roccia che al tramonto si colora di rosso, la stessa roccia con la quale sono costruiti quasi tutti i palazzi della Sicilia occidentale e che di recente è stata utilizzata per la ricostruzione della Cattedrale di Noto, e non distante troviamo il sito archeologico omonimo, anch’esso in cattivo stato, dimenticato, come tutto del resto.
Continuando in direzione di Caltanissetta, troviamo le miniere di zolfo, archeologia industriale che da anni, a detta dei Nisseni, dovrebbero essere adibite a museo, ma il popolo stesso non sa dove esse siano.
All’altezza del Villaggio S.Barbara, troviamo Terrapelata e le sue Maccalube. Un sito unico nel suo genere che accoglie dei vulcanelli di fango, un fenomeno rarissimo, che moltissimi Nisseni ignorano.
Di questo genere di vulcani ne abbiamo solo tre in Italia, uno è in Emilia-Romagna, gli altri due in Sicilia. Ma mentre due di questi sono stati adibiti a riserve naturali, attirando ogni anno migliaia di turisti, in quello di Caltanissetta, manco a dirlo, si è preferito creare una discarica a cielo aperto: ditemi se questo non è un caso di ignoranza verso un nostro patrimonio e di conseguente mancanza di amore e rispetto verso il territorio.
Ma proseguiamo il nostro viaggio, subito dopo aver lasciato le Maccalube di Terrapelata al loro triste destino, raggiungiamo il vecchio stabilimento dell’Amaro Averna, vanto per Caltanissetta e splendido esempio di Archeologia industriale ancora in uso!
Infine, non distanti l’uno dall’altra, troviamo il museo archeologico di Caltanissetta e la ben nota Abazia di S.Spirito, una chiesa Arabo-Normanna unica nel suo genere e che ospita manufatti di epoca Romana, Araba, Normanna e Spagnola. Quasi duemila anni di Storia Siciliana sono racchiusi in questo piccolo scrigno di pietra di Sabucina.
Tutto questo si trova alle porte di Caltanissetta, in un lungo percorso cominciato con un Ponte Spagnolo e terminato in un’abazia Arabo Normanna.
Evito adesso di spingere la nostra passeggiata sin dentro il tessuto urbano, questo al solo fine di non annoiare troppo i lettori con descrizioni del patrimonio.
Questo piccolo tour ad occhi aperti, ha il solo scopo di far prendere atto ai nostri concittadini che Caltanissetta ha molto da offrire e che sono poche le città che possono vantare un percorso culturale e paesaggistico come quello appena descritto.
Certo, nessuno qui vuol fare paragoni con altri Centri, che di certo, hanno un patrimonio ben più ricco del nostro, ma non possiamo nemmeno affermare che la nostra città non abbia  nulla da offrire perché questo non è assolutamente vero.
Bisogna quindi prendere coscienza della nostra storia, per dare a noi stessi un’identità che possa aiutarci a trovare la forza  per rimboccarci le maniche ed iniziare una restaurazione che può solo avvenire grazie alla volontà dei cittadini.
Come ho già scritto infatti, la città è composta dai suoi abitanti, sono quindi loro a determinarne la buona e la cattiva sorte.
Non a caso, anni fa, con la vecchia giunta comunale, si era pensato bene di instituire l’assessorato all’Identità e Futuro, perché si era già capito che i Nisseni soffrono di un grande male, ovvero quello di aver perso l’identità, e questo porta a non sapere chi si è, e forse anche ad odiare un città che poi così brutta non è.
Solo riprendendo possesso del nostro passato potremo lavorare alla realizzazione di un futuro migliore per tutti noi, ma questo, sembra non interessare ad un popolo immerso da sempre in una strana era del sogno, lontano dalla storia e dai suoi eventi, come se tutto quello che accadesse non fosse legato in qualche modo al loro destino, eppure, in questo torpore secolare, trovano la forza, come fossero dei sonnambuli che parlano nel sonno, di lamentarsi di tutto, senza mai però alzare la testa e mostrare un briciolo di dignità.