Caltanissetta,
inverno 2003.
In
inverno non sono rare le nevicate, o forse, sarebbe meglio chiamarle, spruzzate
di neve.
Spinti
dal vento i fiocchi cadono, mentre la domanda che tutti si pongono è: “ma
quaglierà?”
Il solo
fatto di porsi questo quesito, fa capire di come non si è capaci di comprendere
questo fenomeno atmosferico, per il solo fatto di essere a noi estraneo.
Le
nevicate abbondanti, quelle che restano per giorni, avvengono ogni tre quattro
anni, almeno nelle zone collinari, mentre sui monti Nebrodi o sulle Madonie, la
neve è una componente del paesaggio invernale, e così anche sull’Etna.
La
bellezza e la grandezza del vulcano, fa si che per tutto il mese di Aprile ed
inizio Maggio, ci sia ancora molta neve sulla cima del monte, così non è raro
in primavera poter trascorrere una mattinata al mare, mentre al pomeriggio si
può salire sull’Etna per immergersi in un clima invernale, fatto di neve e
rifugi pieni di turisti in cerca di una tazza di cioccolata calda.
A
Caltanissetta ogni due o tre anni cade un po’ di neve, niente di eccessivo,
giusto quel po’ che basta per far andare in tilt la città. Il traffico
impazzisce, e sia in centro che in periferia, vedi studenti che hanno marinato
la scuola per restare a divertirsi per le strade.
La cosa
singolare è vederli giocare a palle di neve. Raccolgono la scarsa materia, che
man mano viene impastata e riciclata, diventando così sempre più una palla di
ghiaccio e fango, finché quello che ti arriva in testa sono delle vere e
proprie pietre. Ma del resto, è già tanto che a queste latitudini sia apparsa
la neve, pretesa alta sarebbe, chiederle di restare.