lunedì 6 febbraio 2012

L'eredità dei Forconi...


Sono passate quasi due settimane dai quei cinque giorni che hanno paralizzato la Sicilia, il Movimento dei Forconi è ancora attivo, anche se non si capisce bene che cosa gli passi per la testa.
Ma al di là di quello che accadrà nei prossimi giorni, (forse nulla o forse tutto), è giusto fare un piccolo bilancio di questo Movimento che comunque ha messo in moto alcune dinamiche interessanti.
Personalmente ho da subito abbracciato i motivi della protesta, non perché fossi certo che sarebbe partita un'onda che avrebbe contagiato l'Italia intera, ma perché è ormai da tempo che credo che prima dei grandi slanci dobbiamo lavorare sul risveglio delle coscienze dei Siciliani, un popolo a mio avviso stanco, sfiduciato e vittima dei suoi errori. Vedere quindi un sussulto popolare di questa portata mi ha comunque emozionato, proprio perché dobbiamo riprendere possesso della nostra identità se vogliamo assicurarci un futuro.
C'è stata quindi la partecipazione della gente, da entrambi i fronti, chi era pro e chi contro, si è assistito ad un dibattito acceso fra il popolo che per la prima volta si è messo in discussione su temi di interesse comune, e mettendo da parte la solita politica ormai morta e sepolta ha finalmente parlato di problemi concreti e non di ideologie.
Ma per quanto si possa essere a favore o contro di quel blocco che ha sicuramente causato dei disagi ai Siciliani ottenendo un nulla di fatto, non possiamo ignorare che i media nazionali abbiano totalmente snobbato e diffamato la protesta in atto.
Si può condividere o meno il Movimento dei Forconi, ma che nessuno in Italia ne sapesse nulla è stato davvero umiliante per noi Siciliani. I giornali hanno infatti reputato più importate la protesta dei tassisti romani, perché è ovvio che qualche centinaio di tassisti possono mettere in ginocchio una capitale ed una nazione, molto più che migliaia di Siciliani che abbracciavano una protesta che aveva di fatto bloccato le esportazioni di beni e di carburante verso il nord.
Ma più che il silenzio ha fatto male la diffamazione operata dagli stessi giornalisti verso il Movimento e verso tutti i suoi sostenitori tacciandoli prima di legami con Forza Nuova, poi di infiltrazioni mafiose, come se di base non possa nascere nel meridione una forma di protesta che non sia pilotata.
Certo, in un movimento di queste proporzioni e nato dal basso non mancano le ombre, sarebbe stupido negarle, ma di fatto non si può ignorare il lato buono della lotta per portare alla ribalta solo ciò che stona, anche perché in molti casi i media hanno calcato l'accento su episodi dubbi o di poco conto.
Da questa vicenda nascono diverse domande: come mai questo silenzio? Forse si voleva evitare di far dilagare la protesta in tutta Italia o forse neanche i giornalisti avevano capito l'importanza della manifestazione?
Eppure dopo i primi giorni era evidente che questi blocchi avevano una portata enorme per una regione che di solito preferisce subire e rassegnarsi piuttosto che alzare la testa...
A questo punto sorgono altre domande: che forse noi Siciliani siamo cittadini di serie b? Si ricordano di noi solo per riportare notizie di cronaca o che non fanno onore ad una regione che poi così malata non è?
Le riflessioni sono tante e le conclusioni, a parer mio, sono di non dimenticare questa lezione, e di rivalutare seriamente il ruolo della Sicilia all'interno del sistema Italia. Per carità, nessuno qui grida al secessionismo, ma sarebbe il caso di rileggere la nostra storia e di sentirci prima di tutto siciliani e poi italiani, perché è solo partendo dal nostro quotidiano che potremo davvero cambiare le cose.
Inoltre ho visto fra la gente tanta confusione su argomenti come lo Statuto Speciale, il meridione parassita e il nord che paga, la nostra storia passata e recente; ed è per questo che si deve lavorare sull'identità di noi Siciliani, perché è solo capendo a fondo i nostri pregi e difetti che riusciremo davvero a vedere questa regione non come un luogo da cui fuggire a causa degli altri (perché qui è sempre “colpa degli altri”), ma come una terrà ricca di opportunità e che ha bisogno solo del contributo di tutti i suoi abitanti per cambiare radicalmente.

Luciano Zaami