mercoledì 20 marzo 2013

L’infelicità che move il sole e le altre stelle.


L'uomo per sua natura è infelice, lo è perché è portato sempre a desiderare ciò che non può possedere. Il possesso e la brama sono la base della sua sofferenza. Non importa quali risultati o beni avrà ottenuto, ciò che già è stato non placa la sua sete, l'uomo volge lo sguardo a quello che ancora non ha.
Questa insoddisfazione è contemporaneamente peccato e virtù, se da un lato è infatti l'origine della nostra irrequietezza dall'altro è il motore del genere umano, è proprio grazie all'insoddisfazione che noi cerchiamo sempre di ottenere di più e di andare oltre. Senza questa sete perenne non avremmo avuto uomini curiosi di scoprire nuove terre, di inventare oggetti capaci di rivoluzionare la vita di tutti, di investigare la medicina alla ricerca di nuove cure e vaccini. L'uomo avanza nel desiderio e con esso il mondo.
Io stesso, pur avendo raggiunto diversi traguardi non riesco ad accontentarmi, ad ogni successo segue l'insoddisfazione e quindi la voglia di intraprendere nuove sfide e di raggiungere nuovi obiettivi.
Credo che questo faccia parte della nostra natura, superare se stessi è il motore dell'evoluzione del genere umano, senza l'infelicità non avremmo la spinta a migliorare la nostra condizione alla ricerca della gratificazione. Infelicità e curiosità, voglia di superarsi e ricerca di nuove sfide, ingredienti di un motore che ci ha portati dalle caverne all'esplorazione dello spazio.
Forse un uomo felice e appagato vivrebbe sereno ma senza il desiderio di scoprire, ed allora non avremmo la meraviglia dell’evoluzione in tutte le sue forme.
Decido quindi di non meravigliarmi della mia infelicità e della voglia di continuare questa corsa pur avendo già qualche piccolo successo in saccoccia, non è ciò che ho già fatto che mi rende felice, ma l’atto stesso di inseguire i miei sogni cercando,  quando possibile,  di trasformarli in realtà.

Luciano Zaami

giovedì 14 marzo 2013

E' questa la vita che sognavo da bambino?


Un recente brano di Jovanotti inizia con queste parole: "E’ questa la vita che sognavo da bambino?", già, è davvero questa la vita che sognavamo da piccoli?
Oggi mi ponevo questa domanda, quando facevo un confronto fra la mia generazione e quella dei miei coetanei che abitano in altri Stati europei, ragazzi come me che vivono vite più serene e agevoli. Guardando i loro profili nei social network, noto sempre l'assenza di temi politici e di protesta, questo non perché loro siano superficiali, ma perché per quanto adesso l'Europa intera sia in crisi, nessuna Nazione ha i problemi che noi da ormai vent'anni viviamo in Italia.
La cosa buffa è che il nostro nemico numero uno non è la malavita, ma lo Stato Italiano e i suoi rappresentanti, quei politici e funzionari che dovrebbe renderci la vita semplice e che invece l’hanno resa un inferno. Non passa giorno in cui non dobbiamo imbarcarci in una nuova sfida per contrastare le malefatte di una classe politica che ormai opera nella piena illegalità, in barba al pudore e alla decenza, facendo leva sulla pazienza ed educazione di un popolo stremato ma che ancora non ha perso l’autocontrollo… per fortuna. Ogni giorno ci svegliamo e leggiamo di nuovi soprusi e illegalità, e sappiamo che dobbiamo rimetterci l’elmetto e tornare a combattere contro questi delinquenti.
Mi chiedo quindi se questa sia una vita dignitosa, se il dover spendere le proprie giornate a lottare invece che a vivere beatamente sia una cosa normale. Chiedo troppo se pretendo che i miei coetanei possano frequentare delle scuole che non debbano essere occupate a causa di azioni scellerate del nostro governo? Chiedo troppo se credo sia giusto che un giovane trovi lavoro dopo gli studi? Un lavoro adatto alle sue inclinazioni, che lo renda soddisfatto e non lo obblighi ad emigrare? Non è forse folle che le aziende debbano lavorare solo per far fronte alla pressione fiscale? Ed ancora, vi sembra normale che i cittadini debbano controllare e contestare le azioni dello Stato, invece di vivere un’esistenza serena? Possiamo questa definirla vita?
I miei sono certamente discorsi già affrontati e di dominio pubblico. Ma posso dire che ho avuto la fortuna di vivere e lavorare all'estero, e so cosa significhi avere una qualità della vita dignitosa, e uno stipendio che ti permette di non avere pensieri ma di coltivare piaceri e interessi che rendono l'esistenza degna di essere chiamata tale.
So anche che ci sono paesi messi peggio dell’Italia, ma questo non vuol dire che non dobbiamo indignarci e pretendere quello che ci spetta come cittadini di un paese che dice di essere democratico.
Ci sono tre diverse opzioni: subire, fuggire o lottare.
Per quanto le prime due siano le più semplici, solo la terza porterà davvero un cambiamento, e quindi se vogliamo cambiare le cose dobbiamo per forza metterci in gioco e lottare, per fare in modo che chi venga dopo di noi non debba subire il nostro stesso destino.
Del resto, penso sempre che i problemi non si risolvono da soli, ma è necessario che una generazione si sacrifichi affinché tutto possa cambiare, un gruppo di cittadini che decide di rimboccarsi le maniche e che capisca che dobbiamo rinunciare a qualcosa adesso per evitare di perdere tutto in futuro.
Non so se vedremo mai i risultati concreti, forse i nostri figli godranno di questi frutti, ma anche se non ci sono eserciti e morti, questa è una guerra e noi siamo al fronte, che ci piaccia o no.

Luciano Zaami