venerdì 10 agosto 2012

Distruggete il Gattopardo!


Ultimante sto attraversando la mia fase “assolutista”, credo infatti che in certi periodi storici, visto che il popolo non è in grado cambiare il proprio destino, ci sia bisogno di un’imposizione che venga dall’alto, qualcosa di bruto ma necessario.
Prendiamo la storia ad esempio, tutti i più grandi tiranni sono anche coloro che hanno avviato dei periodi di cambiamento, senza i quali la civiltà non si sarebbe evoluta. Il termine stesso di rivoluzione indica un cambiamento repentino a discapito di un processo naturale che sarebbe potuto durare anche secoli.
Mettendosi nei panni di alcuni recenti dittatori si possono anche giustificare certi atteggiamenti, prendiamo ad esempio Mao Tse Tung in Cina o Pol Pot in Cambogia, entrambi capirono che per cambiare veramente le cose si doveva cancellare tutto il retaggio del passato, quel passato che impediva col suo peso lo sviluppo ed il cambiamento. Un’azione folle, ma necessaria per chi voleva la sopravvivenza della propria nazione. Forse avrebbero evitato molte delle azioni che hanno compiuto, ma sapevano che erano necessarie, anche se il risultato non poteva essere certo.
Ed ultimamente, che ci crediate o no, nutro un sano odio verso il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, non per il libro in sé che è ovviamente uno dei più importanti testi del ‘900, ma per come sia entrato in maniera negativa nelle menti dei Siciliani privandoli di alcun senso civile e dando manforte alla loro apatia cronica. Come dire: “siamo fatti proprio così, e non ci possiamo fare nulla, lo dice pure il Gattopardo….”
Non c’è infatti discussione sui problemi della Sicilia e dei siciliani che non si concluda con l’intellettuale di turno che citi la solita frase del: “Tutto cambia affinché nulla cambi”.
Questa frase la ritengo pericolosissima, perché autorizza i siciliani a distaccarsi da ogni slancio politico e voglia di cambiamento, perché tanto ogni azione, in maniera preventiva, viene vista come il desiderio di mantenere lo status quo, o comunque come un inutile spreco di energie, facendo quindi il gioco di chi davvero vuole che nulla cambi.
Non c’è niente di meglio per chi detiene il potere che avere un popolo che preferisce sonnecchiare piuttosto che tentare di cambiare il proprio futuro. Ma soprattutto, non c’è niente di peggio che un cittadino che invece che partecipare, preferisca restare agli angoli citando il Gattopardo per poi poter dire: “te lo avevo detto io…”.
Ma come possiamo dare ad un testo un tale potere? Ovvero il potere di aver fatto credere ai siciliani (notoriamente non inclini a mettersi qualcosa in testa) che è inutile che partecipino al cambiamento della loro vita perché tanto mai nulla cambierà?
Nessuno ha pensato che Tomasi di Lampedusa, per quanto autore brillante, era pur sempre un uomo? Un signore con una visione ampia della vita, ma che comunque rispecchiava un'epoca, un periodo storico, e soprattutto una vicenda personale che non può essere applicata ad un intero popolo? E forse non era nemmeno suo intento diventare il più citato dai lagnusi e dai codardi.
Ed è per questi motivi che ultimante penso che per estirpare questo malcostume dalla mente dei siciliani sia forse necessario far sparire questo libro, in modo che non possa più essere distorto ad uso e consumo di chi vuole che davvero nulla cambi.
Forse sono troppo radicale? Si! Ma ultimante sto davvero meditando alcune azioni che per qualcuno possono essere definite “estreme”, ma che io reputo necessarie per ottenere il cambiamento. Non dobbiamo dimenticare che viviamo in un periodo storico delicato, il sistema capitalista è fallito, ma soprattutto l’Italia è ormai alla deriva, vittima di oltre 60’anni di Repubblica che hanno distrutto la società ed il patrimonio. Ed oggi il potere è in mano ad una classe dirigente di over 60 che non vogliono mollare l’osso e pretendono di progettare il mio futuro; tutto questo non può essere accettato ancora a lungo, e se vogliamo che le cose cambino dobbiamo cambiare le cose.
Non vi preoccupate, non medito alcuna bomba o sparatoria, questo lo lascio fare ai servizi segreti italiani, ciò che voglio è che i cittadini capiscano che il cambiamento passa attraverso le loro azioni, ma soprattutto attraverso il loro voto, che dovrebbe essere libero da clientelismi ed intrecci politici.
Quindi alla frase del Gattopardo: “Tutto cambia affinché nulla cambi”, voglio contrapporne una del Giudice Borsellino, un esempio di sicuro più attuale e sano che tutti dovrebbero seguire, ma si sa, fare la cosa giusta ha un suo peso ed in certi casi anche una sua controindicazione: ‎"Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell'amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare"

venerdì 3 agosto 2012

La ricerca di un Modello Siciliano


Di quale male soffre allora la Sicilia? Possono i mille problemi che ci affliggono derivare da una sola causa? Può la mancanza di identità rendere un popolo debole e quindi più soggetto ad ogni genere di sopruso, anche quello che subiamo da parte dei nostri stessi coisolani? (vedi politici corrotti, mafiosi e, ovviamente, i politici mafiosi).

Come già ho scritto, i Siciliani, come tutte le genti del Sud Italia, soffrono del male della “perdita dell’identità”, la nostra storia è stata nascosta ed in alcuni casi addirittura cancellata, questo ha portato ad avere un popolo che vive in una terra senza passato; un luogo fatto di un presente senza valore ed in un futuro incerto.
Al nostro retaggio è stato sostituito un nuovo modello, quello settentrionale. Modello sognato, di benessere e felicità che si realizza solo emigrando.
In Sicilia sappiamo bene che arrivati ad una certa età si deve andar via, perché qui non c’è nulla.
Al Nord si sta meglio, si vive meglio e tutto è più bello, o forse questo è solo quello che per anni abbiamo creduto?
Ma dov’è che abbiamo sbagliato?
Sappiamo che in passato si è provato ad applicare al Sud un modello che non ci appartiene, quello industriale che è fallito per motivi storici, ma anche geografici.
Come possiamo applicare una modello ad un sistema che per sua natura non potrà mai farlo suo? Semplicemente non possiamo.

Finché guarderemo al Nord come un esempio, ne verremo attratti e non riusciremo mai a fermare il flusso migratorio che da sempre flagella il Sud.

A cosa dobbiamo quindi puntare?
Credo che sia giunto il tempo di cercare una terza via, un “Modello Siciliano” che possa diventare il nostro vero motore per lo sviluppo.
Quello che per altri è lentezza è pigrizia, non è altro che il nostro modo d’essere e di vivere, quello del Meridione è un sistema che si è evoluto in secoli di storia e che adesso viene dipinto come negativo.
Ciò che si deve fare è analizzare i nostri punti di forza, e costruire su quelle basi. Sfruttare al massimo le nostre risorse che sono quelle del turismo, della cultura e del mangiar sano. Fare in modo che la Sicilia diventi il centro del Mediterraneo ed una porta politico-culturale sul Nord Africa.
Facciamo in modo che il nostro Essere Siciliani, sia una caratteristica unica e positiva, un pregio e non una sventura.
Far capire ai giovani che “quello che siamo” non è un fattore di cui vergognarsi, e che l’unico modo per evitare che le generazioni future lascino la Sicilia è quello di non abbandonarla adesso, di rimboccarsi le maniche e di creare sviluppo ora.
Questa crisi economica dovrebbe essere l'occasione per far capire a tutti che ormai il posto fisso è una chimera, e che quindi è giunto il tempo di rischiare e di aprire quelle attività commerciali che per paura o pregiudizi non abbiamo mai voluto prendere in considerazione.
Per la prima volta possiamo fare economia reale, creare sviluppo ed opportunità mettendoci in gioco, senza cullarci dietro la comoda sicurezza dell'impiego statale. Possiamo realizzare i nostri sogni nel cassetto, quei sogni che abbiamo ucciso perché eravamo troppo impegnati a "cercare un lavoro".
Ma tutto questo va fatto senza più guardare al Nord, perché per anni la politica è stata quella di renderci poveri per favorire la fuga dalle nostre terre, e mantenerci dipendenti dal settentrione.
Dobbiamo essere noi Siciliani a rialzarci e metterci al lavoro, senza attendere leggi giuste che mai verranno, e senza chiedere aiuto al politico di turno.
Abbiamo perso la voglia di lottare e di amarci, attendiamo che qualcosa accada, e non abbiamo capito che tutto dipende da noi, che il nostro futuro e la nostra felicità esisteranno solo se noi lo vorremo.
Rialziamoci dunque, e mettiamoci a lavoro!